Vedere un popolo

Proponiamo l'intervista a S.Em Card. Mauro Piacenza, pubblicata sull'ultimo Bollettino "Amici del Pellegrinaggio"

IL PELLEGRINAGGIO PER VEDERE UN POPOLO

In un momento come quello attuale, caratterizzato da una crisi profonda che, prima di essere economica, è antropologica e culturale, il pellegrinaggio a piedi Macerata-Loreto rende evidente che “il vero protagonista della storia è il mendicante”, cioè che nulla può spegnere il desiderio infinito di cui è fatto il cuore dell’uomo. Cosa si aspetta dall’incontro con questo popolo in cammino?

Innanzitutto di “vedere un popolo”. Solo chi rimane chiuso nei propri palazzi, o nello stretto ambito delle proprie idee astratte, può evitare di commuoversi contemplando un popolo, e soprattutto un popolo che “si muove” verso una meta. Tra le esperienze umane che maggiormente richiamano al senso del Mistero, quella della "contemplazione del popolo" è una delle più commoventi che si possano vivere. Basta pensare a quanto è accaduto alla morte del Beato Giovanni Paolo II, o a quanto accade ogni giorno nei grandi santuari di Lourdes o Fatima. Il popolo che si muove, che cammina, che domanda come un mendicante, è la vittoria di Cristo, presente oggi nel mondo. Le “crisi” nascono sempre quando si perde di vista il popolo e l'autentico bene comune; quando il fine é solo il profitto smisurato e si dimentica l'uomo, con i suoi autentici bisogni, incluso il senso religioso.

Il Papa ha indetto in questo 2012 l’anno della fede, e tra l’altro dice nella lettera apostolica con la quale lo annuncia che “la fede cresce quando è vissuta come esperienza di un amore ricevuto e quando viene comunicata come esperienza di grazia e di gioia”. Come l’esperienza umana che nasce dalla fede può aiutare ad allargare la ragione contribuendo a chiarire quello che accade dentro l’uomo e nella società attuale?

Il cristianesimo non é un'ideologia, né un'etica. Come lo stesso Santo Padre ci ha ricordato nell'Enciclica Deus Caritas est, "all'inizio dell'essere cristiano [...] c'é l'incontro con un Avvenimento, una Persona" (DCE n.1). Chi incontra Cristo sperimenta, così, un'inattesa e straordinaria fioritura della propria umanità e, con essa, un nuovo uso della ragione ed un rinnovato rapporto con la realtà. I cristiani, in tal senso, dovrebbero caratterizzarsi fondamentalmente per il loro modo di pensare, vivere e amare il reale, non più secondo il mondo, ma secondo Dio; nel mondo ma non del mondo (). Prima che per ogni altra connotazione etica, il cristiano é colui che pensa, vive ed ama come Cristo. Ciò permette, innanzitutto, di guardare a se stessi come ci guarda Dio, con quell'amore misericordioso così lontano dal giudizio del mondo e, in tal modo, di sperimentare un'umanità non frenata dal limite. Certo sempre limitata e peccatrice, ma non definita ultimamente dal limite e perciò "sempre nuova", rinnovata dalla certezza di essere amata e, perciò, anche nella società, straordinariamente creativa. La vera questione, oggi, non é aver dimenticato Dio, ma aver dimenticato l'uomo, e perciò Dio; non essere, cioè, più in grado di ascoltare le proprie esigenze fondamentali e, partendo da esse, paragonando con esse ogni cosa, valutare, vivere, costruire.

Il pellegrinaggio è fatto dal rosario lungamente ripetuto, dai canti, dal sacrificio del sonno e del cammino, perché un gesto così apparentemente lontano dalla mentalità comune può richiamare tanta gente che fedelmente ritorna ogni anno?

Perché tutti gli elementi elencati appartengono radicalmente alle caratteristiche che configurano un popolo. Un popolo innanzitutto "cammina insieme". É cioè capace di guardare ad una meta comune e tendere ad essa, condividendo la fatica del cammino. Si pensi, come descritto nell'Esodo, al popolo d'Israele, in cammino verso la Terra promessa. Per questa ragione oggi non si fa più l'esperienza reale di popolo: nella cosiddetta "società liquida" non é più chiara la meta comune, da condividere e verso la quale camminare. Il sacrificio (dal latino Sacrum facere, fare una cosa sacra), configura il gesto umano nella sua valenza soprannaturale, ponendolo al cospetto di Dio, offrendolo con semplicità e verità, perché accadano sempre e si rinnovino il miracolo e la coscienza dell'appartenenza a Lui. Il canto, poi, definisce l'identità di un popolo, ne racconta la storia, le fatiche, i tradimenti, le conquiste, le gioie. Anche qui il popolo eletto e di esempio con i Salmi, che sono i Canti di Sion. Il potere, per distruggere un popolo e la sua storia, cerca sempre di cancellare anche la memoria dei canti che lo identificano, e questo dovrebbe far molto riflettere anche rispetto, per esempio, al canto sacro e liturgico. Il Santo Rosario, infine, é soave preghiera litanica, che dilata la mente ed il cuore alla contemplazione dei Misteri di Cristo, in compagnia della Beata Vergine Maria. Pregare il Santo Rosario, camminare, cantare, insieme come popolo, aiuta a sconfiggere quella solitudine nella quale la cultura dominante sempre intende confinarci e sostiene la memoria della mèta celeste di comunione e di letizia, di amore e di gioia, che tutti ci attende e della quale, nella preghiera corale, facciamo già, in certo modo, esperienza. Ed é commovente vedere come i giovani comprendano benissimo tutto questo!

Al pellegrinaggio partecipano persone che vivono esperienze diverse o sono addirittura lontane dalla fede. Un gesto così come può contribuire alla proposta di nuova evangelizzazione che la Chiesa sente con tanta intensità?

Attraverso l'umano, attraverso la concreta, umanissima prossimità all'altro. L'esperienza proposta é in se stessa semplicissima: camminare, cantare, pregare ed offrire. Almeno le prime due azioni possono compierle tutti. É così semplice che chiunque può condividerla e, condividendo i gesti, se ne può condividere, progressivamente, il significato. Nell'evangelizzazione non si tratta di annunciare una teoria astratta, estranea alla vita, o un "significato" separato dalla realtà. L'evangelizzazione obbedisce, in ogni epoca, in modo invincibile, al dittico evangelico: "Venite e vedrete". Ritengo sia stato un errore, in passato, aver abbandonato, in taluni casi, i gesti della cosiddetta "religiosità popolare". In essa sono racchiusi, e soprattutto immediatamente trasmissibili, i canoni fondamentali dell'esperienza cristiana, che, lungi da ogni intimismo soggettivista, é costitutivamente una "fede di popolo", perché Cristo ha voluto la Santa Chiesa.

La settimana prima del pellegrinaggio il Papa guiderà a Milano l’Incontro mondiale per le famiglie. La Macerata-Loreto, nata come gesto di ringraziamento degli studenti per la fine dell’anno scolastico, vuole porsi anche in continuità con questo incontro, come occasione di conversione e testimonianza nel rapporto stesso tra genitori e figli. Che urgenza vede per la famiglia oggi?

La prima urgenza é quella educativa, sociale e perfino economica. Non é vero che i giovani non vogliano più "fare famiglia" o che la famiglia sia un istituto superato! Al contrario, anche, e soprattutto, in chi proviene da esperienze di famiglie "ferite", é presente un grandissimo desiderio di compiuta e stabile realizzazione affettiva. Il problema é che l'impostazione culturale ed economica della nostra società, con la precarietà del lavoro e l'esorbitante costo degli immobili, impedisce di fatto il "fare famiglia". É necessario, anche per superare il suicidio demografico verso il quale l'Italia sta camminando, porre in atto chiare politiche familiari, che sostengano i giovani, anche introducendo a livello fiscale il tanto atteso "quoziente familiare", già presente in molti paesi europei. La famiglia non é affatto un istituto religioso, come taluni vorrebbero far credere. La famiglia é il fondamentale istituto umano e perciò sociale, ed é per questo che l'ordinamento legislativo é tenuto a riconoscervisi, a tutelarla ed a promuoverla, anche culturalmente. Infine, mi pare ormai del tutto superata quella contrapposizione figli-padri, risalente alla cultura del sessantotto. Si é compreso che "cancellare i padri" non equivale ad essere liberi, ma ad essere orfani e senza radici. Se i "padri" riscopriranno il senso della propria esistenza e sapranno indicarlo, con semplicità e costanza, con determinazione e ragionevolezza, ai figli, allora non avremo nulla da temere.