Macerata-Loreto, 65mila alla Casa di Maria

Non chiamatela marcia, please. Anche se quest'anno, vista la vicinanza col referendum, la tentazione di affibbiargli una connotazione politica era più forte che mai, è stato un pellegrinaggio nel senso più autentico: sessantacinquemila persone (nuovo record di partecipanti) in cammino nella notte da Macerata Loreto per chiedere, ringraziare, offrire, pregare, ascoltare. Per mettersi davanti al Mistero, per capire cosa c'entra Gesù con la vita d'ogni giorno, per scoprire il volto di sua Madre, per entrare nella casa dove entrambi hanno abitato duemila anni fa e dove da secoli i grandi e gli umili vengono a prostrarsi. Percorrendo il serpentone umano che nella notte tra sabato e domenica ha percorso la campagna marchigiana potevi incontrare di tutto: ciellini e scout, i veterani che vengono da anni, il giovane con la faccia disseminata di piercing che il rosario non sa neppure cosa sia ma vuole misurarsi con questa strana cosa di cui gli ha parlato un amico, la vecchietta che conosce tutti i canti della devozione mariana imparati a memoria durante un'infanzia in cui la fede si respirava tra le mura di casa. A tutti viene proposta la testimonianza di due maestri di vita e di fede morti nei mesi scorsi. «Il testimone - ricorda il patriarca Scola che presiede la messa prima della partenza, allo stadio di Macerata - è colui che sta tra i due. Nella loro morte, glorioso suggello di una vita splendida, Giovanni Paolo II e don Giussani hanno fatto da ponte tra Cristo e la nostra fragile fede». Una fede che accomuna destini e sensibilità diverse, come sottolinea il presidente di Azione cattolica, ricordando che «la comunione nella Chiesa torna a fare notizia e che abbiamo davanti una stagione in cui si chiede a tutti noi un'interpretazione cooperativa della comunione, un'interpretazione che ci aiuti ad andare avanti». L'assistente nazionale di Ac, monsignor Lambiasi, denuncia il pericolo di «un cristianesimo ridotto a valori» e sottolinea che tutti abbiamo bisogno di una madre misericordiosa come Maria, specie in una stagione in cui «chi ha preteso di usare la ragione più degli altri non la sta usando». Parla anche il direttore del Foglio, Giuliano Ferrara, ospite laico gradito e simpatetico. Dice di essere stato conquistato dal messaggio di Giovanni Paolo II nell'enciclica "Fides et Ratio": la fede e la ragione possono essere alleate. Si astiene dal parlare di astensione al referendum, ma è molto eloquente: «Io non credo, ma credo nella libertà di credere, di professare pubblicamente la propria fede; non credo, ma credo che l'uomo integrale, l'uomo prodotto dal meglio della cultura umanistica e cristiana d'Europa, abbia il dovere di riconoscere sempre la bellezza, la grandezza della realtà, anche quando la realtà è microscopica».

Il segretario della Cisl, Sergio Pezzotta, sottolinea la presenza di un popolo cristiano consapevole della sua meta: «Non siamo vagabondi, ma pellegrini. Sappiamo dove andiamo perché siamo attenti a chi ci indica il cammino. È il segno che apparteniamo alla Chiesa e siamo con lei alla sequela di Cristo». Il pellegrinaggio è la metafora della vita, spiega Scola, perché l'uomo è «il camminatore eretto e infaticabile verso una meta non ancora raggiunta, certo del futuro perché tutto poggiato sulla presenza di Dio». Una presenza che per molti, nella notte da Macerata a Loreto, si è rivelata nel volto della Madonna proprio come era accaduto a quel contadino brasiliano in visita al santuario dell'Aparecida e protagonista di un canto popolare evocato dal patriarca di Venezia: «O Maria, sicurezza della mia speranza, non so neppure pregare, ma voglio almeno mostrarti il mio sguardo».