Intervista con Padre Douglas Bazi, parroco di Erbil (Iraq)

Ermanno Calzolaio: Le sono veramente grato per il fatto che lei abbia accettato questa video chiamata. Siamo rimasti veramente colpiti dalla sua intervista pubblicata su Tracce; è una vera testimonianza di ciò che Cristo può compiere nella nostra vita. Per questo penso che sia utile proporre a tutti i pellegrini che saranno allo stadio di Macerata sabato prossimo la sua testimonianza. Questo è il motivo per cui l’abbiamo chiamata. Noi pregheremo tutta la notte per voi e per tutti i cristiani perseguitati. Don Carrón ci ha scritto un messaggio molto profondo in occasione del pellegrinaggio. Lui dice: «Cristo è una presenza così presente che riempie di letizia, consentendo di vivere in qualunque situazione. Ce lo testimoniano ogni giorno i nostri fratelli perseguitati nei quali vediamo compiersi le parole di Gesù a san Paolo: “Ti basta la mia grazia”». Ci racconti la sua esperienza.

Padre Douglas Bazi: Prima di tutto noi siamo cristiani non solo quando le cose vanno bene ma anche quando vanno male. Perché? Non dobbiamo lamentarci della nostra vita perché quando parliamo col nostro Dio, il nostro Dio ci dice: “Guarda, ho mandato il mio amato Figlio tra voi a vivere tra di voi e ha offerto tutta la sua bontà, ma, invece di costruire il regno, voi avete ucciso il mio amato figlio Gesù”. Così Gesù si è sacrificato per noi. Quindi, per prima cosa noi siamo cristiani quando le cose vanno male, non solo quando vanno bene. Secondo: dobbiamo smettere di lamentarci, perché Gesù ha offerto la vita per noi col suo sacrificio. E chi siamo noi per lamentarci?  Il nostro minimo dovere è prenderci cura degli altri. 
La gloria non è che la gente guardi noi; la gloria è che il nostro maestro Gesù Cristo è tra noi e noi lo mostriamo agli altri.
È un tempo di guerra, è un tempo di crisi e di persecuzione quello che stiamo vivendo ora.Personalmente mi hanno cacciato, hanno fatto esplodere la mia chiesa, mi hanno sparato a una gamba, ho perso la mia comunità, sono stato rapito per nove giorni, sono sopravvissuto a due attacchi con le bombe, sono ancora sopravvissuto a un attacco alla chiesa durante la messa: nonostante tutto questo, chi sono io per lamentarmi? Mettiamo la nostra mano su quella di Dio.
Apparteniamo a Dio, non apparteniamo a nessun altro. Dio è il nostro modello. Noi dobbiamo seguire il nostro maestro perché noi esistiamo ancora. Fratelli e sorelle, perché i cristiani esistono ancora nel mio paese? Semplice, perché noi apparteniamo a Cristo, non a questa terra. Io non sono sorpreso dal fatto che ci attacchino, ma sono sorpreso per il fatto che la mia gente ancora sopravvive. E noi sopravviviamo perché apparteniamo a Gesù. Non apparteniamo a un settarismo o a gente che vuole portarci da qualche parte. Gesù è il nostro scopo.
Io chiedo a tutti voi fratelli che siete là, in attesa della Messa di ricordarvi che noi non cerchiamo appena un aiuto. Noi siamo pronti al sacrificio. Ma ricordate anche che noi siamo una parte del corpo e il capo di quel corpo è Gesù Cristo. Ora siamo nella sofferenza e nella persecuzione e voglio che sappiate che ci uccideranno e non smetteranno di ucciderci; forse non avrò più un’altra occasione di parlare con voi, ma sono certo che non possono cambiare la nostra mente, perché la nostra mente è collegata col cuore. Vi chiedo di restare uniti a noi nella preghiera perché i credenti con la preghiera possono abbattere qualsiasi porta chiusa.

Calzolaio: Siamo rimasti colpiti nel leggere l’esperienza di un suo amico, cacciato dall’Isis. Ce la può raccontare?

P. Douglas: Un nostro fratello cristiano di Mosul è stato minacciato da un vicino che gli ha detto: “Hai 24 ore per andartene, se ti rivedo ti uccido perché ho il diritto di prendermi la tua casa”.  Il giorno dopo è andato a bussare alla porta del vicino e lo ha salutato e il musulmano gli dice: “Che stai facendo? Te l’ho detto, ti ucciderò”. E lui: “Sì, caro vicino, lo so bene, ma siamo vicini da 30 anni. Come posso andarmene senza salutarti?”. E il musulmano si mette a piangere e gli dice “Giuro su Dio che ti proteggerò, non permetterò a nessuno di farti del male”. Ma il cristiano dice al musulmano: “La fiducia si è ormai rotta”. Questo è il popolo cristiano. Noi non possiamo essere qualcos’altro, noi siamo come Gesù e Lui ha detto alle persone che lo torturavano: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno”.

Calzolaio: Da quello che ci racconta capisco che ciò che possiamo fare è essere consapevoli della nostra fede e viverla. Desidera chiedere qualcosa in particolare a tutti i pellegrini presenti allo stadio?

P. Douglas: Scusate, chi sono io per dirvi cosa fare? Vi chiedo, vi prego solo di aprire gli occhi e di svegliarvi.
Lo scopo della vita, il fine della vita, per così dire, è quando posso salvare un’altra persona. Distruggeranno la mia comunità. Volete far parte della nostra memoria?  Racconterete la storia della nostra comunità, parlerete della nostra comunità quando l’avranno distrutta? Se la voce della mia comunità finirà, voi potete essere i testimoni? Racconterete le nostre storie? Io credo di sì, che potrete farlo. Credo che possiate far parte di questa storia, e che possiate agire. Dopo 30, 40 anni, quando i bambini saranno cresciuti racconteranno alle generazioni successive: 30, 40 anni fa i nostri genitori sono stati perseguitati ma sono stati aiutati dal popolo italiano. Volete far parte di questa storia? Io spero che un giorno, dalla mia comunità, noi cammineremo con voi, non solo io ma anche la mia gente.

Calzolaio: Grazie padre Douglas per le sua presenza e per ciò che ci ha detto. Spero che resteremo in contatto e stia certo che 100.000 persone cammineranno tutta la notte verso il santuario di Loreto pregando per voi e voi sarete in unità con noi. Vi aspettiamo il prossimo anno.