Omelia del Card. Pietro Parolin

Cari fratelli e sorelle, la mattina del giorno di Pasqua, “il primo dopo il sabato”, gli apostoli Pietro e Giovanni avevano già trovato il sepolcro vuoto. Maria Maddalena aveva già visto il Signore Risorto. Eppure, la sera di quello stesso giorno, tutti i discepoli, tranne Tommaso, erano ancora rinchiusi, per paura. Si trovavano in un posto con le porte sbarrate, “per timore dei giudei”, come abbiamo ascoltato nel brano del Vangelo appena letto. Probabilmente il cuore di alcuni di loro era ancora confuso, o tormentato dalle incertezze, o perduto nei propri pensieri. Gesù arriva inatteso, e i discepoli sobbalzano di gioia, quando lo vedono. Poi Gesù soffia su di loro e dice: “Ricevete lo Spirito Santo”. Solo così diventa possibile ai discepoli abbracciare la missione che Gesù stesso consegna loro: “Come il Padre ha mandato me, così io mando voi”. 

Oggi, come allora, lungo tutta la storia, e per ognuno di noi, è lo Spirito Santo che può aprire il nostro cuore e portarci a Gesù. È lo Spirito Santo che può far alzare il nostro sguardo ripiegato su noi stessi, e farci camminare nel mondo non come vagabondi, ma come viandanti e mendicanti. 

Camminiamo e mendichiamo perché abbiamo bisogno di qualcosa. Di cosa abbiamo bisogno per vivere?
Questa è la domanda che segna il vostro pellegrinaggio verso la Santa Casa di Loreto. Cosa ci serve per vivere? La verità è che il nostro cuore, da se stesso, non sa dare risposta a questa domanda. Nel nostro cuore c’è impressa una domanda, ma  la risposta non è dentro di noi. “Nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare”, scrive San Paolo (Rm 8, 26). E il mondo e il tempo in cui viviamo producono senza posa bisogni artificiali e risposte ingannevoli. Mettono sul mercato falsi appagamenti che in fondo servono a soffocare la domanda e ci confondono. Ci chiudono nella nostra autosufficienza, nel nostro autismo spirituale.

Cosa serve per vivere? La domanda può riaffiorare nelle pieghe delle giornate di chi è affannato dalle difficoltà e dai problemi quotidiani. Può sprigionarsi fatalmente davanti ai fatti reali, quando cadono le maschere e le nostre vite mostrano il fianco scoperto: quando si guardano crescere i figli, quando si perde un lavoro, quando la sofferenza visita le nostre case, o quando si guarisce da una malattia. 

Ma non siamo noi che possiamo costruirci la risposta. E i nostri argomenti, le nostre speculazioni, i nostri sforzi veri o simulati di ricerca, il più delle volte finiscono per essere solo delle auto-giustificazioni. Un modo per affermare noi stessi. Così, anche le parole più vere finiscono maltrattate nella gara a dimostrare che abbiamo ragione, che le nostre idee sono quelle giuste. E invece noi, da noi stessi, nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare.

Per fortuna, aggiunge San Paolo, abbiamo un alleato e un difensore: lo Spirito Santo   che “intercede con insistenza per noi”.  È lui che apre la strada, che lavora nel nostro cuore, e può  attirarlo verso Gesù. “Sei tu, o Spirito d’amore, che mi rendi capace di chiedere, e mi suggerisci cosa chiedere”: così scrive San Bernardo di Chiaravalle nella sua preghiera allo Spirito Santo. E aggiunge: “Suscita in me il desiderio di camminare con Dio: solo tu lo puoi suscitare”

Mentre andrete verso la Santa Casa di Loreto, potrete invocarlo tante volte con quella bella giaculatoria che certo molti di voi conoscono: “Veni, Sancte Spiritus. Veni per Mariam. Vieni, Spirito Santo. Vieni attraverso Maria”. Lo Spirito Santo è colui che proprio tra le mura di quella casa di Nazareth, nel ventre di quella ragazza ebrea “riaccese l’amore”, come Dante fa dire a San Bernardo nella sua preghiera alla Madonna: “Nel ventre tuo si riaccese l’amore/per lo qual caldo ne l’eterna pace/così è germinato questo fiore”. In che modo il Figlio di Dio si è fatto uomo?  Insegna il Catechismo: “Il Figlio di Dio si è fatto uomo prendendo un corpo e un’anima, come abbiamo noi, nel seno purissimo di Maria Vergine, per opera dello Spirito Santo”.

Più di duemila anni fa, a Nazareth, in quel paese alla estrema periferia del popolo eletto, nella Galilea dei gentili, nel ventre di quella donna “si riaccese l’amore”. Da allora, è rifiorita nel mondo  la possibilità di essere perdonati. La possibilità di dire “ti perdono”. La possibilità che l’estraneità e l’inimicizia non siano l’ultima parola nei rapporti tra di noi, nelle nostre case, nelle nostre città, nei rapporti tra le genti e le Nazioni. 

Questo è il mistero cristiano. Questo è il grande mistero della vita cristiana. Questo è anche il mistero della Chiesa. Come suggeriva l’allora cardinale Bergoglio, in un’omelia del 2011, Maria, quando ripensava alle parole con cui suo Figlio aveva promesso l’invio dello Spirito Santo, non poteva fare a meno di ritornare con la mente alla promessa che lei stessa aveva ricevuto dall’Angelo alcuni decenni prima: “Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato figlio di Dio” (Lc 1, 35). Questa memoria – così commentava l’allora cardinale di Buenos Aires – nutriva la speranza della prima comunità cristiana: “Lo Spirito Santo, così come aveva fatto con lei, avrebbe fatto anche con la Chiesa nascente: l’avrebbe fecondata affinché Cristo fosse dato alla luce in ogni uomo e ogni donna che dice “si” alla promessa del Signore” (Omelia per la S. Messa d’apertura della 102esima assemblea della Conferenza episcopale argentina, Pilar, 9 maggio 2011). 

Anche oggi, la Chiesa è come una vergine che può diventare feconda e concepire e dare alla luce una discendenza di figli nella fede solo in virtù di ciò che lo Spirito Santo opera in essa. E il segno inconfondibile di questa fecondità dello Spirito Santo nella vita della Chiesa e di ognuno di noi non sono i successi mondani o le dimostrazioni di prestigio. Il segno proprio della vita nuova infusa nella Chiesa dallo Spirito è quello che abbiamo invocato dal Padre nella preghiera della colletta, in riferimento al mistero della Pentecoste: “Diffondi fino ai confini della terra i doni dello Spirito Santo, e continua oggi, nella comunità dei credenti, i prodigi che hai operato agli inizi della predicazione del Vangelo”. Nel tempo che ci è dato di vivere, come agli inizi, l’annuncio cristiano può attirare il cuore nostro e dei nostri fratelli contando non sulle nostre artificiose dialettiche, o sulle nostre capacità di organizzare un discorso, ma perché accadono i prodigi. Perché il Signore attraverso lo Spirito può operare  i miracoli. Come ai tempi narrati nel Vangelo, anche nel mondo di oggi sono i miracoli che possono commuovere il nostro cuore e illuminare il nostro sguardo. Occorre invocare la Madonna e i santi, per questo.

Andando alla santa casa di Loreto, considerate nel vostro cuore tutte le cose e le richieste che volete deporre ai piedi di Maria: la nostra gratitudine per i doni già avuti, le nostre afflizioni, le nostre attese. Con l’aiuto dello Spirito, sappiamo bene le cose che abbiamo da chiederle, e sono tante: le guarigione di un parente, che metta le sue mani sulla testa di un amico o di un’amica in difficoltà, aiuti una famiglia in crisi, sostenga chi ha perso il lavoro, consoli una mamma che soffre nel silenzio, come è capitato a lei. Vi chiedo anche di pregare per me, e per il bene di tutta la Chiesa. Che sia una Chiesa confortata, consolata dalle carezze del Signore, che cresce e cammina nella pace.

E poi, lasciamo che Maria allarghi il nostro sguardo fino a abbracciare l’orizzonte del mondo. Ci liberi da ogni ripiegamento su noi stessi, sulle nostre piccole cose, a ci faccia soffrire e gioire insieme alle attese, ai dolori e alle speranze di tutti i nostri fratelli. Domani pomeriggio, come sapete, Papa Francesco ha invitato in Vaticano il Presidente palestinese Mahmud Abbas e il Presidente israeliano Shimon Peres per invocare insieme nella preghiera il dono della pace. Ci sarà anche il Patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I. Vi chiedo di unirvi anche voi a questa preghiera, chiedendo con insistenza al Padre Onnipotente il miracolo stupendo della pace nella terra dove ha camminato Gesù. E che da lì il dono della pace possa trasmettersi a tutti i luoghi del mondo dove il Nemico degli uomini semina inimicizia, morte e distruzione. Pensando alle guerre e ai conflitti che fanno soffrire popoli interi, a cominciare dai bambini, rivolgiamoci al Signore con le parole usate da Papa Benedetto XVI nell’omelia del Natale 2010: “Ti ringraziamo per la tua bontà, ma ti preghiamo anche: mostra la tua potenza”.

A tutti voi, buon cammino.