Il Pellegrinaggio, la scoperta dell'io

A pochi giorni dall'uscita del nuovo numero del Bollettino "Amici del Pellegrinaggio", pubblichiamo in anteprima l'intervista al presidente del Comitato Ermanno Calzolaio, per iniziare ad entrare in un Avvenimento che si muove (e muove) già da ora, a quasi un mese dalla manifestazione.


«L’unica gioia al mondo è cominciare. È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre ad ogni istante» (Cesare Pavese). È questa la sfida costante del Pellegrinaggio, seppur con una lunga tradizione alle spalle. Anzi, è proprio questa tradizione viva che costringe a ripartire sempre dall’origine che ha generato tutto. «Il mio desiderio è seguire una cosa viva, capace di ridestare l’io!», dice Ermanno Calzolaio, presidente del Comitato del Pellegrinaggio Macerata-Loreto

: «per meno di questo non ne vale la pena». Abbiamo chiesto proprio a lui di guidarci nella scoperta e nella sequela di questa vita sempre nuova che è il Pellegrinaggio. In gioco non c’è nessun intento di ri-organizzazione o di ri-produzione, magari per attirare più pellegrini, ma una lealtà che sgorga dall’intensità dell’esperienza cristiana, e una domanda: «Che cosa può davvero saziare il desiderio dell’uomo?» (Benedetto XVI).

Qualche tempo fa per te si è rinnovata una responsabilità, che è dentro una storia di appartenenza: in questa responsabilità che cos’è stato e che cosa è in cima alle tue preoccupazioni? San Tommaso d’Aquino dice infatti che «la vita dell’uomo consiste nell’affetto che principalmente lo sostiene, nel quale trova la sua più grande soddisfazione»… Qual è, insomma, l’affetto che principalmente ti sostiene in questo compito?

Quello che io desidero nella responsabilità del Pellegrinaggio, come nella vita, è di essere aderente con me stesso e con tutto il mio bisogno. Il Pellegrinaggio mi educa a questo. Mi accorgo che quando perdo di vista me, il mio bisogno, il test è immediato: mi stanco, perché alla fine c’è come l’equivoco che sia tu a sostenere un gesto così. Invece, quando mi accorgo che anche la responsabilità mi richiama al fatto che sono io che ho bisogno del Pellegrinaggio, sono io che ho bisogno di domandare, di mendicare, di essere me stesso, allora anche tutto quello che c’è da fare diventa leggero. Molto semplicemente quello che mi sostiene è un’amicizia, che continuamente mi sfida a lasciarmi convertire.

Che cosa vuol dire dirigere un Pellegrinaggio, gesto in cui l’uomo ha ben poco da dirigere?

In parte ho già risposto, ma voglio sottolineare una cosa: è normale che ci siano tante cose da fare e da organizzare, perché un gesto così non si improvvisa; ma – come dicevo prima – una cosa è pensare che sei tu a dover tirare avanti la “baracca”, altra cosa è essere attento a cosa Cristo fa accadere. Fatti anche semplici, come persone che si coinvolgono, problemi che si verificano o nodi che si sciolgono inaspettatamente: guardandoli è come se il Pellegrinaggio venisse su tutto da sé. Allora qualsiasi cosa si può guardare senza paura. Mi ha molto colpito, ad esempio, la lettera del nostro amico Giacomo (vedi pagina …), per il giudizio profondo che dà e che ho avvertito subito come pertinente a me e alla mia esperienza.

Che passo chiediamo a noi stessi e a ciascun pellegrino con il tema scelto: «Che cosa può davvero saziare il desiderio dell’uomo?» (Benedetto XVI).

È stata molto interessante la dinamica con la quale siamo arrivati a proporre come tema del prossimo Pellegrinaggio questa domanda. Stavamo attingendo dalle catechesi che Benedetto XVI ha tenuto all’inizio dell’Anno della Fede, che ci stupivano e ci sorprendevano per la pertinenza con l’urgenza che percepiamo nelle nostre giornate; a un certo punto ci siamo soffermati su questa domanda che il Papa ha posto all’Udienza del 7 novembre 2012, e l’abbiamo subito sentita rivolta a noi. Mi sono accorto che di fronte a questa domanda non posso barare: che cosa davvero mi soddisfa? Davvero mi bastano la famiglia, il lavoro, o il fatto le cose vadano bene? Mi rendo conto sempre di più che dentro ogni esperienza c’è un grido che rimanda più in là, e allora è come se la realtà collabori a farmi accorgere che io sono fatto per l’Infinito. Quindi penso che porre questa domanda nell’Anno della Fede sia una occasione preziosa per vivere fino in fondo il gesto del Pellegrinaggio. Mi ha colpito molto, inoltre, la vicinanza con le prime parole di Papa Francesco: quando ho sentito evocare il «cammino» ho pensato subito al Pellegrinaggio, perché il pellegrinaggio è il paradigma della vita, la vita stessa è un cammino, e occorre camminare per non perdere il gusto del vivere.

Perché, allora, vale la pena mettersi ancora una volta in cammino per questo Pellegrinaggio 2013?

Per me vale la pena rimettermi in cammino perché voglio continuamente essere educato ad accorgermi del bisogno infinito che sono; e di questo non me ne accorgo riflettendo, ma camminando! Cioè, me ne accorgo di fronte a Uno presente, e questo Uno presente si svela nel cammino.